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In galera per una presunta calunnia



Massimiliano Clerico è, anzi era, un imprenditore biellese. Il 22 novembre scorso viene arrestato e messo in isolamento per 19 giorni mentre lo stesso la madre viene messa ai domiciliari. L’accusa per entrambi è calunnia. Detenzione, oltretutto in isolamento per… calunnia, beh, è roba senza precedenti.


In breve, la storia.

Otto mesi prima dell’arresto, cioè a marzo 2010, Clerico ha un diverbio con un vecchio amico, nonché collega di partito, Pier Giorgio Fava, una persona nota in città: è infatti assessore e vice-presidente della Provincia di Biella per il Pdl. I due hanno una discussione appassionata, come accade loro spesso, e come sempre la cosa finisce là. Ed invece, questa volta no, perché pochi giorni dopo l’episodio Clerico viene convocato in Procura per chiarimenti. E lì apprende che l’assessore aveva sporto denuncia, contro ignoti, a causa di alcune lettere anonime spedite ad un giornale locale, il Biellese; lettere nelle quali si sosteneva che, durante il diverbio, l’assessore avesse estratto una pistola e minacciato l’amico. Cosa mai avvenuta, come confermerà poi lo stesso Clerico.
Ebbene, le lettere anonime non vengono pubblicate. Qualche giorno dopo però saranno rispedite, stavolta firmate. L’autore, tale Cesare Rolando, era un collaboratore di Clerico nonché testimone oculare della lite. Visto che Clerico ne confuta la versione, negando cioè di essere stato minacciato con un’arma, Rolando ritratta, cambia radicalmente versione e non una ma tre volte: sosterrà dapprima di essere lui l’autore delle missive confermandone il contenuto; poi cambia idea e dirà di essere stato invece sollecitato a scrivere le lettere, in cambio di denaro, da due personaggi, Luca Sangalli – avvocato e sindaco di Vigliano – e Francesco Rossi – un ex dipendente delle Poste e collaboratore dello stesso Sangalli; chiamati in Procura per un confronto con l’accusatore, i due tuttavia negheranno di aver mai conosciuto Rolando. E si arriva così alla terza versione: quelle missive – sostiene l’accusatore – sarebbero state scritte dallo stesso Clerico e dalla madre, Maria Angela De Lorenzi, che di lì a poco, oltretutto, sarebbe stata nominata presidente di un ente controllato proprio dalla Provincia, la Ener.Bit.
“I veri responsabili sono Clerico e la madre – dichiara Rolando al giudice. Mi hanno obbligato a spedire quelle lettere, minacciando anche la mia famiglia.”
E così arriviamo a novembre, 8 mesi dopo i fatti. Clerico e la madre vengono arrestati, come prima detto. E da allora comincia il calvario. “Non so ancora come abbiano potuto arrestare una persona incensurata con l’accusa di calunnia” – si sfoga Clerico. Già, perché finire in galera per una presunta calunnia è roba mai vista. Oltretutto, l’accusatore – inizialmente arrestato anche lui, per concorso in calunnia – pare essere in cura presso i servizi di igiene mentale, insomma una fonte non proprio affidabilissima.
La vicenda in ogni caso si ripercuote anche sull’attività di Clerico: dopo il carcere ed il risalto mediatico dato alla vicenda, infatti, per l’azienda cominciano le difficoltà che la porteranno alla chiusura. Lo stesso imprenditore racconta che, proprio a causa dell’arresto, andranno in fumo gli investimenti appena programmati per l’avvio di una nuova attività di import-export da affiancare alla già esistente azienda di trasporti. In sostanza, Clerico finisce presto con il perdere tutto: azienda, lavoro e denaro.
Il processo a suo carico, intanto, si è aperto il 20 luglio scorso, con rito immediato, come richiesto dall’imputato. A dispetto dell’immediatezza del rito, tuttavia, il giudice rinvia la sentenza al prossimo ottobre, per avere tempo per approfondire il dossier predisposto dalla difesa.
Lo scorso aprile Clerico ha rilasciato un’intervista a Radio Radicale che può essere riascoltata qui:


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