Il 18° anniversario della strage di Capaci e del sacrificio di Giovanni
Falcone, Francesca Morvillo e degli uomini della scorta, rappresenta un
tassello fondante ed irremovibile della memoria storica condivisa dal
popolo italiano nel difficile percorso di riaffermazione della legalità
repubblicana.
Falcone ha rappresentato una certa idea della magistratura, avanzata ed attenta, equilibrata, ma impalcabile nell’affermazione dell’autorità dello stato e della difesa del bene comune.
Nel suo nome, in quello di Paolo Borsellino e di tutti i caduti nel contrasto alle mafie, è nata una Sicilia diversa, attenta ai valori della legalità e della dignità civile.
Per questo, oggi, l’unico modo per ricordarlo, fuori dalla retorica delle commemorazioni, è rappresentato da un forte richiamo alla coerenza delle azioni politiche e degli atti legislativi. Per questo, al di là di ogni polemica contingente e legata alla cronaca politica spicciola, serve un grande sforzo che non renda vana l’azione meritoria portata avanti dal Governo in questo delicatissimo settore, non spuntando le armi indispensabili ai magistrati delle intercettazioni telefoniche ed ambientali.
La ricerca di un difficile equilibrio, tra sacrosanto diritto alla privacy, riservatezza delle indagini ed efficacia delle stesse, non può che avere un canale diverso nelle indagini e nei processi di mafia attraverso la salvaguardia piena e totale di strumenti indispensabili all’accertamento della verità.
Questa disciplina deve riguardare anche i molti reati spia o “collegati” dei quali molto spesso in questi anni si è risaliti alle organizzazioni mafiose.
Le nuove indagini sull’Addaura e il coinvolgimento di settori deviati dello Stato lasciano sgomenti.
Per questo, su verità e giustizia, l’Italia del 2010 deve ricordare, senza se e senza ma, Giovanni Falcone.
Falcone ha rappresentato una certa idea della magistratura, avanzata ed attenta, equilibrata, ma impalcabile nell’affermazione dell’autorità dello stato e della difesa del bene comune.
Nel suo nome, in quello di Paolo Borsellino e di tutti i caduti nel contrasto alle mafie, è nata una Sicilia diversa, attenta ai valori della legalità e della dignità civile.
Per questo, oggi, l’unico modo per ricordarlo, fuori dalla retorica delle commemorazioni, è rappresentato da un forte richiamo alla coerenza delle azioni politiche e degli atti legislativi. Per questo, al di là di ogni polemica contingente e legata alla cronaca politica spicciola, serve un grande sforzo che non renda vana l’azione meritoria portata avanti dal Governo in questo delicatissimo settore, non spuntando le armi indispensabili ai magistrati delle intercettazioni telefoniche ed ambientali.
La ricerca di un difficile equilibrio, tra sacrosanto diritto alla privacy, riservatezza delle indagini ed efficacia delle stesse, non può che avere un canale diverso nelle indagini e nei processi di mafia attraverso la salvaguardia piena e totale di strumenti indispensabili all’accertamento della verità.
Questa disciplina deve riguardare anche i molti reati spia o “collegati” dei quali molto spesso in questi anni si è risaliti alle organizzazioni mafiose.
Le nuove indagini sull’Addaura e il coinvolgimento di settori deviati dello Stato lasciano sgomenti.
Per questo, su verità e giustizia, l’Italia del 2010 deve ricordare, senza se e senza ma, Giovanni Falcone.
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